• Articolo pubblicato:15 Maggio 2023
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  • Ultima modifica dell'articolo:15 Maggio 2023

Che bello scrivere di un argomento quando ormai tutto l’hype che ha generato è passato e non se lo fila più nessuno, vero? È proprio una strategia di marketing vincente. Si, ho recuperato questa serie TV così tardi che a momenti esce la seconda stagione, ma l’ho fatto: ho visto Squid Game. Sto colossal mondiale partito da un coreano qualsiasi, uscito su Netflix e che, per qualche oscuro motivo, tutti hanno visto sottotitolato… anche se sappiamo benissimo quanto a molte persone stia sulle palle vedere roba sottotitolata.

Per Squid Game ho scelto un caffè… ok, vorrei dire un caffè coreano, perché so che esiste, ma non ho ancora avuto il piacere di assaggiarlo. Semmai dovesse essere un piacere… potrebbe anche fare schifo, non lo so. Un giorno rimedierò a questa mia mancanza, quindi fino ad allora Squid Game si dovrà accontentare di un caffè lungo, miscela arabica, amaro come questa serie tv. Non perché sia crudele, ma perché mi ha sfrangiato le palle come poche cose. Ed io ho visto tutti quanti i film del Re Scorpione. Smettetela di andare a cercare quanti sono, ve lo dico io: sono troppi, ora continuate a leggere.

Squid Game nasce da un’idea che non è neanche tanto male: un cumulo di disperati, squattrinati e pieni di debiti, viene sbattuto su un’isola deserta a fare giochi per bambini. Ogni gioco è mortale e ammazza buona parte dei partecipanti con lo scopo di accumulare un gran numero di banconote che verranno date al povero cristo sopravvissuto alla fine di tutti i giochi. Magari non è la migliore o la più originale delle idee, ma ha del potenziale. Peccato che quel potenziale venga sprecato malamente. La serie cerca di essere corale, cercando di focalizzarsi su quelli che dovrebbero essere i vari partecipanti, ma si concentra fin troppo sul protagonista, spoilerando fin dalla prima puntata quello che sarà l’esito finale. Purtroppo per uno come me, che di libri, serie, film e videogame se ne è goduti a centinaia, andare a prevedere come si svilupperà il filone narrativo di una storia è ormai scontato e raramente rimango sorpreso. Per questo, quando capita, quel qualcosa mi colpisce molto. Di Squid Game però vi posso dire che al termine della prima puntata avevo già previsto per filo e per segno come sarebbe andata a finire e, chiacchierando con un amico, ho trovato solo conferme. Ci ho messo tanto quindi a recuperarla perché l’idea di vedere l’ennesima storia di disperati che muoiono inseguendo la ricchezza (peraltro in giochi veramente stupidi), non è che mi facesse impazzire. C’è da spezzare però una lancia a favore della serie, anzi due: la prima è che sono stati molto bravi, tra regia e soundesign a mettere ansia allo spettatore, anche per chi come me aveva già previsto la fine poco dopo l’inizio; la seconda è che la storia dell’investigatore, per quanto scontata fin da subito, spezza un po’ la narrazione principale e permette di vedere la serie fluidamente.

Squid Game Difesa
Siete pronti? Sarà come giocare a Fortnite. Entrate in modalità costruzione!

Concorrenti disperati

Già di mio ho difficoltà a ricordare i nomi di cose e persone, figuriamoci se poi sono tutti di origine coreana e i loro personaggi non mi hanno colpito neanche un po’. Potere del cristallo di Wikipedia, vieni a meeeeee (segue animazione di una trasformazione in cui mi vesto da marinaretta… quanto sono anni ‘90). Visto che stiamo parlando di coreani e che solitamente nella loro cultura ci si chiama frequentemente anche per cognome (dipende tutto dal grado di confidenza se non sbaglio), non vi saprei dire quale è un nome e quale è un cognome.

Seong Gi-hun è il nostro protagonista. Così povero che sono i senzatetto a dargli un’offerta, divorziato, vive ancora a casa con la madre, non ha un lavoro e passa tutti i giorni a sbronzarsi, perché è più facile dimenticare i problemi piuttosto che affrontarli. Cerca di essere un buon padre, ma ovviamente non ci riesce. Oltre ad avere il livello di istruzione di un ragazzino delle medie, è così patetico che ci si chiede come abbia fatto ad arrivare vivo a 40 anni e ad avere anche una figlia. Si, si, lo so che sono cattivo, ma è solo perché le continue lamentele e scuse del protagonista mi hanno fatto cadere le palle molte più volte di quante ne potrei contare. E io so contare fino a dieci; venti se uso le dita dei piedi. Nonostante la vita lo abbia bastonato selvaggiamente e lui non abbia fatto nulla per riprendersi, sembra essere un ottimista. Come tutti i protagonisti, ma soprattutto come la gran parte dei poveri, è buono e altruista. Troppo buono. Neanche a dirlo ha una plot armor così forte che rivaleggia con quella dei personaggi di GoT nell’ottava stagione.

Cho Sang-woo è un vecchio amico/parente (forse cugino? Non ricordo) di Gi-hun. Super intelligente, è diventato super povero dopo aver fatto un super investimento di merda. Nonostante lo facciano passare per lo stratega del gruppo, è egoista e decisamente bastardo, per questo è cattivo. Che poi non è vero. Non è veramente cattivo, ma se state su un’isola a giocare ad un gioco dove sapete già che uno solo ne uscirà vivo, è chiaro che tutti gli altri in qualche modo devono crepare. La sua non è cattiveria, ma solo istinto di sopravvivenza. Comunque potete vedere quanto è infame già dal secondo gioco.

Sono finiti i personaggi. Va bene dai, non è vero, ma tutti gli altri non è che abbiano questo spessore. A dover di trama bisogna menzionare il vecchio, un uomo anziano di cui assolutamente non ricordo il nome, che sta lì a giocare perché ha un cancro terminale e si voleva divertire prima di crepare. Dobbiamo poi citare anche il poliziotto, che entra sotto copertura ammazzando un po’ di personale e prendendone le vesti. Tutto per cercare il fratello che sà essere sull’isola e che, stranamente, non è né tra i giocatori, né tra gli addetti ai lavori. Chi sarà mai? Dai che lo sapete già. Tra i giocatori vanno anche menzionati altri quattro partecipanti: il primo è un mafiosetto di quartiere che si atteggia da bullo e che fa di tutto per stare sul cazzo allo spettatore; la seconda è una tenera cucciola nord-coreana che è riuscita ad attraversare il confine e che comunque non sa come tirare a campare; il terzo è un pakistano che sembra la versione coreana di Rajesh Koothrappali e che, in maniera per nulla stereotipata, hanno chiamato Abdul Alì; la quarta è una psicopatica che vorreste vedere morta già dopo la seconda parola che gli esce dalla bocca. Per essere questa una serie in cui muore un casino di gente, l’ultima tipa vive fin troppo. Oh, piccola menzione d’onore per il Front-man, che qui ricopre il ruolo di villain, ma che in realtà sta solo facendo il lavoro per il quale è pagato.

Triangolo, cerchio, quadrato

Tutta la baracca è stata allestita sopra un’isola sperduta vicino alla Corea, un posto che nonostante sia a qualche chilometro dalla costa, nessuno sa che esiste. Per reclutare i disperati, un tipo in giacca e cravatta li sfida ad un gioco dove bisogna… ribaltare una busta da lettere che sta per terra. Il tipo che sfida gli altri è un campione mondiale di questo gioco, perché non ne sbaglia una e, quando alla fine il disperato vince i 100 won in palio (che sono tipo la sottomarca del dollaro), a quel punto riceve un biglietto che sembra sponsorizzato dalla sony visto che contiene i simboli del cerchio, del quadrato e del triangolo. Se ci mettevano anche una X lo potevano vendere come pad per la PS5.

L’organizzazione per sto gioco mortale è molto seria in quanto i simboli appaiono sulle maschere e indicano il grado di comando all’interno della gerarchia degli addetti ai lavori. Se ho ben capito (ma non ne sono sicuro) i triangoli sono la bassa manovalanza, incaricata di sparare in testa alla gente, i cerchi sono i comandanti e i quadrati sono a capo dei giochi e fanno un po’ da amministrazione. Il capoccia di tutto è un tizio vestito di nero, con una maschera nera, chiamato il Front-man, che sta lì solo per assecondare il giro di scommesse dei clienti ricconi della società che ha organizzato tutto. I concorrenti invece sono vestiti con una tuta verde acqua e hanno un numero assegnato, con il quale vengono chiamati. Questo perché, quella di Squid Game sarà anche una società pluriomicida che lucra sulle vite e il sangue di poveri sfigati, ma ci tengono alla privacy.

Squid Game Plot Armor
In un gioco dove lo scopo è far morire gli avversari, Abdul pensa che sia una buona idea salvarne uno. Ma solo perché è il protagonista

Don't Try This at Home

E siamo arrivati a quel magico momento in cui inizio a fare pesanti spoiler. Se ancora non avete visto la serie (no, non è una battuta, sono serio), perdetevi un attimo su Netflix per cercarla e guardatela, dura giusto qualche ora. Gli spoiler partono tra 3… 2… 1… via!

Come dicevo, la serie è abbastanza prevedibile. Insomma, se la narrazione si focalizza quasi interamente su un unico personaggio e le regole del gioco prevedono che si salvi solo una persona, è chiaro chi sarà il vincitore fin dal primo minuto. E infatti è proprio così. Il buon Sang-woo è stato scritto perché diventasse una sorta di cattivo, ma forse è il più sensato dei personaggi (per quanto comunque mi sembra insensato tornare a giocare sperando di non crepare) perché è l’unico che in una situazione del genere compie delle scelte sensate. Durante il secondo gioco si vede subito che ha capito cosa dovranno fare e di proposito sceglie la forma più semplice, lasciando comunque l’amico/parente nella merda perché tanto sa che, se vuole vincere, bene o male l’altro deve morire. Tuttavia la sua discesa verso il lato oscuro è un po’ troppo repentina, anche se comprensibile e verso la fine la serie ci prova in tutti i modi a indicarlo come cattivo e a farlo detestare.

Per quanto riguarda i giochi, sono tutti presi dall’infanzia della cultura coreana. Si parte con il classico Un-Due-Tre-Stella (stai là) con mitragliatori di precisione pronti a far fuori chi si muove, iniziando già con una buona metà dei concorrenti in meno (da 467, alla fine del primo gioco ne sono rimasti circa 250). Il secondo gioco prevede di staccare una forma particolare da una specie di piadina/crepes solo con l’uso di un ago. Chi non riesce a staccare la forma e a lasciarla intatta, muore. Qui, se devo essere sincero, credo che sarei crepato. Odio fare cose che richiedono precisione e delicatezza.

Il terzo gioco è il tiro alla fune: abbastanza scontato, ma ottimo per sfoltire ancora il numero di comparse. E quando vedete che il 90% dei personaggi con un nome sta tutta in una squadra, indovinate un po’ quale sarà quella che ne uscirà vincitrice? Esatto, proprio quella del protagonista. Il quarto gioco prevede di vincere tutte le biglie del proprio compagno; una prova non troppo complicata, ma visto che era stato chiesto a tutti di formare delle coppie, qui ci lasciano un paio di personaggi importanti che si erano accoppiati per amicizia. In teoria il vecchio dovrebbe morire qui, ma visto che non ci viene fatto vedere mentre muore e che già la presenza di un vecchio in un gioco del genere mi sembrava sospetta, avevo già telefonato quale sarebbe stato il suo ruolo.

Il quinto gioco prevede che i 16 sfigati rimasti saltellino su delle lastre di vetro, sperando che queste non si rompano. Giochino interessante che elimina più o meno tutto il cast rimanente. Alla prova finale ci arrivano in tre: Sang-woo, Gi-hun e la profuga. Ma la profuga è ferita e il nostro Sang-woo, da buon nemico, decide di pugnalarla per evitare di dover fare due volte il gioco finale. Ed è proprio il gioco finale che dà il nome alla serie: lo Squid Game, il gioco del calamaro. Ad essere sincero non ci ho capito una sega su come funziona, anche perché in quel momento la mia attenzione era al minimo e avevo già perso interesse. Il nostro protagonista dopo aver vinto una barca di soldi pensa bene di colorarsi i capelli rosso shocking (come va di moda tra i ragazzetti coreani, anche se lui ha passato i 40) e dichiara guerra a tutta l’organizzazione. Rivediamo poi il vecchio che, giustamente, sta morendo malissimo, scopriamo che è il miliardario che sta dietro a tutta la baracca e ci sorbiamo lo spiegone sul perché di tutta la questione. Un perché abbastanza paraculo volto solo a giustificare il fatto che a finanziare tutto c’è una combriccola di altri ricconi che ha molta voglia di vedere gente morire facendo giochi per bambini.

Due paroline sulla storyline secondaria del poliziotto: carina l’idea di far vedere anche quello che succede dietro le quinte, ma che il fratello cercato dal poliziotto fosse proprio il Front-man, a me era chiaro dalla puntata 4. E come si dice dalle mie parti “sputa ca n’coggia(sputa che incolla, ovvero quando qualcosa è ovvio), era proprio così.

Sebbene mi pare di aver capito che ci sono altre quattro stagioni confermate, spero davvero che non ne facciano neanche una. Squid Game ha fatto un successone, ok, ma la narrazione per quello che era il concept della serie, finisce lì. Farne una seconda stagione singifica allungare un brodo che ormai è freddo già alla fine della prima e si finisce col rovinare tutto. D’altronde è così che è andata con 13 Reasons Why. Netflix, hai davvero intenzione di ripetere la brodaglia? Spero di no.

Fonti

Per approfondire: Wiki inglese