• Articolo pubblicato:8 Marzo 2023
  • Categoria dell'articolo:Universi
  • Ultima modifica dell'articolo:8 Marzo 2023

Ho giocato e completato al 100% tutti i giochi e le espansioni, ho visto la serie TV di Netflix più la serie spin-off e il cartoon che ne hanno tirato fuori… giuro che mi sono anche ripromesso di recuperare tutti i libri, quindi direi che posso azzardarmi a parlar male e bullizzare anche il nostro valoroso Geralt di Rivia nell’universo di The Witcher.

Questo è il classico universo, i cui diritti sono stati comprati a pochi spicci da una software house neonata e che ha fatto il botto vendendo globalmente praticamente ovunque, anche in altre dimensioni, spedendo CD Projekt Red nel magico universo delle aziende tripla A dei videogame. Ciò fu complice di un buon mix di qualità e un poderoso culo. Perché si, il sistema di combattimento del primo The Witcher è il vero boss finale del gioco. Abituarsi è impossibile, quindi si finisce per pigiare selvaggiamente i tasti della tastiera e del mouse sperando di uccidere qualcosa.

Tutto si svolge a Temeria, un continente di un mondo apparentemente sconosciuto del tutto e su cui tutti vogliono mettere le mani. Perché? Perché la dovete smettere di fare domande inutili. È così per ragioni di trama, punto e basta. L’unico impero che poi spadroneggia su sto pezzo di terra neanche fosse a casa sua, è l’impero di Nilfgaard, composto da umani e razzista verso praticamente tutto. “Prima i Nilfgaardiani” urla l’imperatore, probabilmente nascondendo sotto la tunica nobiliare una cravatta verde.

A subire i soprusi dell’Impero vi sono tutti gli altri. Umani poveri (che non sono come gli umani normali perché hanno la skill della povertà), elfi e nani. Elfi e nani, insieme agli gnomi (che però non appaiono mai, né li ricordo menzionati da qualche parte), sono le cosiddette razze antiche, cioé quei bipedi fastidiosi che abitavano Temeria prima che gli umani ci mettessero piede.

Gli elfi in particolare, in antichità, erano a loro volta un impero e anche se sono stati sterminati e ridotti a banditi abbraccialberi, mantengono ancora i termini e le usanze del vecchio regno. Ora però, nel mondo di Sapkowski (che è polacco, quindi ha il cognome composto da ventotto consonanti e due vocali) prendono il nome di Scoia’tel e occupano avamposti tra i boschi sbloccando le skill di furto, lockpiking e scippo delle vecchiette in vespa. Quasi come fossero lo stereotipo del napoletano medio, ma con meno armi da fuoco. Hanno anche una lingua tutta loro (come il napoletano medio) e una religione tutta loro. Effettivamente potrebbero essere tutti dei napoletani medi. Amici napoletani, sto scherzando, non è il caso di presentarvi a casa mia armati di lupara. O la lupara era dei siciliani? Boh, non ricordo, dovrei fare una ricerca su Wikipedia.

Buona parte dei giochi e della serie TV presenta intrighi politici di varia natura, ma sostanzialmente tutti concentrati sul voler ammazzare questo o quel nobile di turno. Che i ricchi stanno sul cazzo a chiunque, sia a chi non ha soldi, ma soprattutto a chi li ha e ne vuole di più. In questo mondo hanno tutti l’hobby di commissionarsi omicidi a vicenda. E giocano tutti a Gwent. Perché se c’è una cosa che Final Fantasy VIII insegna è che i minigame basati sulle carte sono sempre un successone.

The Witcher unicorno
Barbie Witcher e il suo unicorno

Magia al femminile

Nel mondo di The Witcher la magia la fanno principalmente le streghe. Anche gli Witcher stessi hanno qualche capacità magica, ma usano tutto un altro sistema. Le streghe di questo mondo sanno essere immortali, belle, seducenti, semionnipotenti e c’hanno la spocchia di chi tocca gli altri con lo stesso schifo con cui si guarda Two Girl, One Cup. Ovviamente il nostro eroe, che è un gran bel pezzo di Witcher, non esita ad avere una relazione duratura con due di esse, perché lui può, voi no.

Al presente dei giochi la magia è andata in gran parte perduta e le streghe che sono rimaste in vita hanno tirato su La Loggia delle Maghe, un circoletto della briscola che ha l’intento di rovesciare imperi, prendere il potere e dominare il mondo. Ma hanno anche dei difetti. Ovviamente, come il buon fantasy insegna, per fare le magggie sono necessari ingredienti, sacrifici, formule in lingue morte ed effetti speciali di ogni tipo.

The Witcher: come accontentarsi di un soldo

Arriviamo a quello che dà il nome a tutta la baracca: gli witcher. Cazzo sono? Beh, Temeria è un continente abitato da mostri di ogni tipo, dai fantasmi a demoni albero lottatori, fino ad arrivare a cani spettro con tanta voglia mangiarvi la faccia. Il tutto prendendo spunto, nomi e design dal mito slovacco e polacco. E sta cosa, da amante dei mostri mitologici, non potevo anche amarla.

Insomma, per combattere tutte ste bestie che vogliono soltanto ammazzare male, ecco che nasce lo strigo, la traduzione italiana del Witcher, un umano divenuto mutante dopo essersi sottoposto ad allenamenti durissimi e ad una terapia di pozioni e infusi dolorosi consigliata da 9 omeopati su 10 nella cura del raffreddore. A cercare di diventare Witcher sono in tanti, ma solo pochi ci riescono, perché molti crepano durante gli allenamenti e tanti altri finiscono all’altro mondo dopo aver bevuto le varie pozioni. Chi sopravvive ottiene un boost a tutte le skill, fisiche e magiche, in cambio di una parrucca costantemente bianca e degli occhi gialli. Non ci sono prove scientifiche che diventare uno witcher significhi trasformarsi in un bbbono come Henry Cavill, ma se così fosse, sarei già in viaggio per Kaer Morhen.

Proprio a Kaer Morhen gli witcher hanno la loro famosa base. Stiamo parlando di una fortezza costruita tra le montagne, difficile da raggiungere perché ai witcher le cose facili non piacciono. È in questa fortezza che gli strighi vengono addestrati, pozionati e dove tornano per le vacanze a trovare gli amici che non hanno ancora avuto il piacere di uccidere. Perché si, gli witcher ammazzano i mostri e anche altri witcher (d’altronde i mutanti sono considerati alla stregua dei mostri e bullizzati come tali).

A contraddistinguerli dalla plebaglia sciatta e senza potenziamenti, c’è anche il loro famoso stile a doppia spada, una di ferro per ammazzare le persone e una d’argento per killare i mostri. Oltre a questo possono contare su una vasta gamma di pozioni che farebbero invidia ai migliori alchimisti di World of Warcraft e a un sistema magico basato tutto sui glifi. E che sono sti glifi? Si tratta di rune che i witcher si lanciano malamente addosso o che sfruttano per proteggersi. Inutile dire che per buona parte del videogame andrete avanti a fiamme e spintoni, dimenticandovi completamente tutti gli altri glifi. Ogni tanto anche nelle opere cinematografiche gli sceneggiatori si ricordano dei glifi, ma tendenzialmente non frega una sega a nessuno.

The Witcher mutante
Uno Witcher strafatto di pozioni. Ce li hai due spicci? Devo tornare a Rivia

Geralt di Rivia ma non viene da Rivia

Geralt è il protagonista, lo witcher per definizione, l’avventuriero che vaga per il mondo ammazzando mostri e seducendo fanciulle, principesse e altri esseri femminili e senza neanche usare il preservativo. Perché si, uno degli effetti collaterali della trasformazione è la perdita della fertilità. Ci tengo poi a precisare che “di Rivia” non è il suo cognome, né il suo luogo di provenienza, ma è solo un soprannome che lui stesso ha scelto dopo la sua trasformazione. Potevi fare di meglio Geralt. Potevi essere Batman, Spiderman o una tartaruga ninja e invece hai scelto “di Rivia”. Un’occasione sprecata.

Tutto il primo videogame della saga si incentra nei dintorni di Vizima e vede il nostro Geralt impegnato in una relazione con Triss Merigold, una delle streghe di cui parlavo sopra. A dare un po’ di aria al mondo ci pensa The Witcher 2, che fa fare a Geralt un bel viaggetto in quel di Temeria al solo scopo di scongiurare guerre e dargli nuovi pretesti per ammazzare mostri sempre diversi. Nonostante gli witcher siano famosi per il loro stile di combattimento a due spade, Geralt nei primi due titoli ha seri problemi nel combattimento, dando occasione al giocatore di smadonnare quelle cinque o sei volte perché il colpo non parte al momento giusto. Per fortuna questa pecca è stata sistemata in The Witcher 3, il vero capolavoro della saga, che permette a Geralt di viaggiare per tutto il continente, anche sulle isole Skellige, per rovinare i governi e le dittature di più o meno tutti quelli che non gli vanno a genio. A proposito di un genio, c’è di mezzo anche quello visto che è coinvolto in tutta la storia d’amore tra lui e Yennefer. Sta cosa è stata poi ripresa anche un po’ nella serie, anche se il genio diventa (se non ricordo male), il mezzo con cui conosce Dandellion.

Essendo il protagonista, Geralt è un bbono da paura, di quelli dove una “b” sola non può bastare e ne servono almeno due. In quanto tale la sua arte della seduzione è ai massimi livelli, tanto nei giochi, quanto nella serie. Siamo al livello che lui le guarda di sfuggita e loro si bagnano. Chiaramente le due streghe che lo accompagnano nei suoi trastulli amorosi sono la bellezza incarnata. Da un lato Yennefer, mora e sfuggente, dall’altro lato Triss, castana e passionale. Il nostro amico se le sceglie bene le donzelle.

Quelli di cui mi ricordo il nome

Andiamo ad approfondire velocemente i personaggi secondari più interessanti: abbiamo Yennefer di Vengerberg, una maga potentissima, nonché interesse amoroso principale di Geralt, che considera il suo grande amore. Questa consapevolezza arriva anche dopo tutta una chainquest di The Witcher 3 che porta i due alla classica domanda “dove sta andando la nostra relazione” con Geralt che, da bravo maschio, non sa che rispondere e vorrebbe scappare con la classica scusa del “ho lasciato il cavallo parcheggiato in seconda fila e stanno per farmi una multa”. La serie Netflix ne propone tutta una backstory, anche molto interessante, ma che mi sembra non sia coerente con quanto raccontato nei libri e nei videogame. Ma sincero non ricordo nello specifico (era forse la deformità che non c’azzeccava?)

Triss Merigold è l’altro folle amore di Geralt, nonché strega e migliore amica di Yennefer. La sua storia romantica con il nostro eroe si svolge mentre Yennefer è lontana, perché ricordiamo che Geralt è bbono e che tendenzialmente ha bisogno di infilare il pisello da qualche parte ogni tanto. Anche gli witcher hanno i loro bisogni, dopotutto. Penetrare i mostri con la spada non è l’unico tipo di penetrazione che conoscono. Ok, ho finito i parallelismi con il sesso, andiamo avanti. Triss è passionale, focosa e, al contrario di Yennefer, non sparisce per due titoli senza neanche fare una telefonata.

Dandellion è invece il classico bardo venuto fuori da un party di D&D morto male. Voce spettacolare, malato di sesso e sempre implicato in qualche tresca amorosa, è anche l’autore della celeberrima canzone che ha reso famosa la serie Netflix: “Dona un soldo al tuo Witcher”. Una melodia bella in italiano, ma che rende benissimo anche in lingua originale. Non essendoci donzelle da salvare nella storia (perché le donzelle del witcher spaccano i culi), Dandellion occupa questo prestigioso ruolo, finendo a fare come la principessa Peach nel castello di Bowser. Ovviamente, sapendo di essere bello, è arrogante e altezzoso ai limiti del sopportabile. Viene spesso chiamato Ranuncolo, ma non perché sia il suo soprannome, ma perché è il suo vero nome. E con un nome così, giustamente il bardo ha pensato bene di soprannominarsi Dandellion. La wiki di The Witcher mi dice anche che è il visconte di qualcosa, ma ha un nome nobiliare troppo lungo e non mi va di fare copia-incolla.

Vesemir è il padre putativo di Geralt. Ricopre il ruolo del classico vecchio saggio, solo che lui non ha la barba lunga e non usa la magia, bensì mena come un fabbro sciolinando lezioni di vita e frasi fatte che sarebbero la manna dal cielo per tutti quei social media manager pigri che sfruttano le citazioni come contenuto social. Sappiate che siete la noia dell’esistenza umana, come quelli che negli RPG fantasy, potendo scegliere una razza giocabile, scelgono l’umano… che è la cosa meno fantasy che esista.

Cirilla, abbreviata per comodità Ciri, ha un cognome importante che però ora non ricordo. È una sorta di figlia per Geralt e Yennefer ed è stato sempre Geralt ad addestrarla per farla diventare una witcher. Diciamo che buona parte della sua storia verte intorno a un mistero che solo in The Witcher 3 possiamo andare a svelare. Ha una storyline interessante, tutta da scoprire (anche se i porno che la riguardano sul web, hanno scoperto ben altro di lei).

The Witcher Triss Yennefer
C-C-Ccombo! Ah chi non vorrebbe essere Geralt

La serie Netflix di cui ne vogliamo di più

Passiamo all’opera che ha consacrato definitivamente Henry Cavill come bbono per antonomasia, superando anche quel pezzo di manzo di Jason Momoa: la serie Netflix. La cosa divertente è che il buon Henry è un fan sfegatato del mondo di The Witcher, quindi era lui il primo a rompere il cazzo affinché andasse tutto secondo la trama. C’è riuscito poco, ma il risultato è comunque ammirabile, sebbene i salti temporali della prima stagione siano confusi e incomprensibili quanto quelli della quinta stagione di Lost. A dirla tutta è solo con la scena finale della prima stagione che il pubblico inizia a capire il perché ci fosse tutto quel casino tra passato e presente. Letteralmente metà della prima stagione sono flashback (le scene con Yennefer) e l’altra metà è la storia presente (le scene con Geralt), che si conclude con il ritrovamento di quella che solo alla fine capiamo essere Ciri. O almeno, io l’ho capito solo alla fine. Sarò scemo io? Si.

La seconda stagione per fortuna è meno incasinata, quindi più godibile, con combattimenti coreografati da dio e una storia interessante. Pare che il buon Henry abbia inizialmente abbandonato il ruolo nella serie per dedicarsi a Superman, ma dopo la cancellazione del film, forse rimane a fare lo strigo ancora un altro po’. Sappiamo che la terza stagione lo vedrà protagonista, ma dalla quarta dovrebbe subentrare il fratello giovine di Chris Hemsworth: Liam. Ciò farebbe fare un salto generazionale a Geralt, che passerebbe dall’essere generazione X al diventare un millennial. Figo no? Sto aspettando che uno degli Hemswoth faccia il casting per interpretare me nella mia vita, così magari riesco a rimorchiare. Comunque, che sia un britannico palestrato o un australiano dal visino d’oro, per il Geralt di Netflix sembra esserci un futuro già prestabilito alle porte. Speriamo che non rovinino la serie.

Gli spin-off di cui vi prego basta, state facendo schifo

Quando una cosa inizia a portare soldi, immediatamente nel milanese medio si instilla la combo “figa-fatturato” che inizia a fargli sfornare ogni cosa possibile e inimmaginabile per poter sfruttare gli appassionati di un brand fino all’osso. A Netflix però, i milanesi non sono ammessi, quindi la “figa” non è contemplata. Ma il fatturato si, perché i soldi piacciono a tutti, anche più della figa.

Ecco quindi spuntare su Netflix prima un cartoon interessante sul passato di Vesemir (The Witcher: The Nightmare of the Wolf), poi una miniserie dedicata alla nascita del primo witcher (The Witcher: Blood Origin). Ecco, sul primo non ho molto da dire perché alla fine è carino e godibile. Si tratta di un cartoon che segue le vicende di Vesemir quando era ancora un fringuello e lo vediamo crescere fin da bambino, per poi seguirlo nell’esame per diventare Witcher e in tutta la sua vita da adulto. Si, sul finale appare anche un giovanissimo Geralt. Tutto sommato la storia è intrigante, con dei colpi di scena un po’ telefonati, ma comunque efficaci e una resa tecnica su schermo niente male. Da vedere.

Da non vedere assolutamente è invece The Witcher: Blood Origin, una miniserie di quattro puntate che scorrono più lente di una fila alle poste all’ora di punta. Già dalla prima puntata vi cadranno le palle così in basso da sbucare dall’altro lato del pianeta, mentre dalla seconda sperimenterete la magia dell’addormentarsi anche per chi ha problemi di insonnia. Ho fatto veramente fatica a seguirla non tanto per la complessità della trama, ma più per la pesantezza dovuta alla lentezza. E nonostante questo i rapporti tra i personaggi non fanno in tempo a crearsi che già ci stanno i momenti che cercano di essere strappalacrime, con il sacrificio di questo o di quell’altro personaggio. Roba che io non mi ricordo neanche come cazzo si chiamava il tipo, figurarsi se ero riuscito a empatizzare con lui. Una serie pessima, da vedere solo se siete veramente fan di The Witcher.

The Witcher gwent
Gwent, ma la versione rinnovata. Quello del gioco è graficamente più povero, ma più figo

Gwent: il gioco d'azzardo di Temeria

Final Fantasy VIII e Final Fantasy IX hanno fatto scuola con i minigiochi basati sulle carte, quindi ecco che in The Witcher 3 abbiamo il Gwent, questo magico passatempo che pratica letteralmente chiunque dentro Temeria, in cui il vincitore fotte la carta più bella del mazzo avversario neanche fossimo dentro la città dei duelli di Yu-gi-oh!

Il gioco funziona su tre fasce diverse, se la gioca con il meteo che le carte possono evocare durante la partita e, sostanzialmente, si vince avendo i valori in campo più alti di quelli dell’avversario. Non ci sono punti vita quindi, risultando un card game anche abbastanza originale. Ovviamente da buon completista quale sono, nonché da amante dei giochi di carte, ho sfondato a botte tutti i giocatori di Temeria, completando ogni quest e collezionando tutte le carte.

Preso dall’entusiasmo, quando ho terminato The Witcher 3 ho deciso di scaricare il gioco Gwent, sempre di CD Projekt Red, ma ho amaramente scoperto che questo card game non c’entra una sega con quello del terzo capitolo. Questo è un card game più classico, con cinque fazioni (come i colori di Magic) e carte con tematiche particolari, ispirate ai giochi. Sebbene il gioco in sé non sia affatto male (per un breve periodo mi ci sono infognato), c’è da dire che non volevo aggiungere l’ennesimo gioco di carte basato sul farming. Gioco già a Magic Spellslingers e a Magic Arena, non è che posso passare la mia vita a farmare carte digitali. Anche perché faccio anche finta di avere un lavoro… e direi che faccio anche finta di avere una vita sociale, ma sono almeno cinque mesi che ho smesso di fare finta e non ho una vita sociale. Sad story.

Conclusioni

Io capisco benissimo tutto il fandom di The Witcher, perché un po’ ne sono fan anche io. Ho amato The Witcher 3 (sia per lore che per gameplay) ed ho molto apprezzato anche i due precedenti, infatti sono in attesa non solo del quarto capitolo, ma anche del remake del primo. Anche se non grido al capolavoro, tutta la saga videoludica mi ha intrigato non poco. Dal punto di vista narrativo, i prodotti derivati, tutto sommato mi sono piaciuti e ne ho apprezzato la realizzazione. Ovviamente fatta eccezione per The Witcher: Blood Origin, che ho recentemente scoperto essere sceneggiata dai quei cani di D&D (non Dungeons & Dragons, ma i due sceneggiatori che hanno rovinato Game of Thrones) e pertanto si capisce come mai la serie sia proprio una merda. Ma vabbé lasciamo stare l’odio che provo per sti due. Tornando a noi, l’universo di The Witcher è molto interessante e, sinceramente, mi è anche venuta la voglia di leggermi i libri proprio mentre sto scrivendo questo articolo. Quando riuscirò a recuperarli tornerò qui ad allungare il brodo aggiungendo una sezione tutta per loro.

Fonti

Per approfondire: Wiki italianaWiki inglese