Gli Indù hanno tutta una serie di animali, i vahana, destinati a scarrozzare in giro i loro dei. Questo perché all’interno di una religione dove il dio con meno braccia, se ne ritrova almeno quattro, si vede che gli pesava il culo usare le gambe. Tra la moltitudine di schiavi da trasporto c’è Makara, una sorta di coccodrillo con il corpo da pesce e la testa di elefante. Perché si, le teste di elefanti a loro piacciono… vero Ganesha?
Sommario
Il mito che gli dei vogliono
Per come lo conosciamo noi, il mito del Makara presenta una descrizione abbastanza chiara: un coccodrillo, con corpo di pesce (o mostro marino) e testa di elefante. Faceva da auto blu personale per dei del calibro di Ganga, Narmada e Varuna. In più piaceva così tanto agli Indù, che diedero un nome, Makarakundalas, agli orecchini fatti a sua immagine e somiglianza, indossati da altre divinità tipo Shiva, Chandi, Vishnu e Surya. Che agli dei piace essere alla moda e un coccodrillo con la testa di elefante è roba all’ultimo grido… di uno stilista indignato.
Makara viene anche definito il guardiano delle soglie, destinato a proteggere tutte le entrate dei templi e le sale del trono. Per questo motivo delle sue decorazioni in pietra si trovano spesso connesse ai canali di sorgenti naturali che arrivano fino ai templi. Praticamente è la versione indiana del gargoyle, ma con meno varietà di animali. In queste occasioni appare spesso rappresentato come un pesce o una foca con la testa di un elefante. Perché boh, forse il coccodrillo era troppo cattivo.
Infine Makara appare sulla bandiera rappresentativa di Kamadeva, dio dell’amore, chiamato anche il Makaradhvaja, ovvero “colui la cui bandiera rappresenta Makara”. Che è un soprannome un po’ demmerda per essere un dio dell’amore. Ma vabbè, lui è contento così. La cosa curiosa è che anche Pradyumna, figlio di Krishna, ha lo stesso identico soprannome, in quanto anche lui ha come emblema il Makara.
Skin alternative in quantità
Nelle varie rappresentazioni che ho recuperato, che sono belle più o meno come i disegni che facevo io a cinque anni, Makara è spesso rappresentato come l’ho descritto: un coccodrillo con la coda di pesce e la testa di elefante. Alle volte è direttamente un coccodrillo, probabilmente perché l’artista era poco ispirato o magari perché in realtà era la bozza brutta di un panettiere con la passione per gli scarabocchi.
Tuttavia il Makara non è solo questo. La testa è quella di un animale terrestre, come l’alce, il cervo o l’elefante, mentre la coda viene rubata da animali acquatici come il pesce, la foca o il serpente marino. In alcuni casi, principalmente nelle decorazioni in porcellana, la coda potrebbe essere ispirata a quella di un pavone. In ultimo, il corpo di questo taxi scadente per divinità viene preso in prestito da un rettile come il coccodrillo o il varano. Questo almeno sembra essere lo schema più comune nella tradizione indù.
Nell’antica tradizione cingalese, il Makara era invece conosciuto come l’accrocchio di svariati animali diversi: il corpo di elefante, le fauci di un coccodrillo, le orecchie di topo (o di scimmia), le zanne del cinghiale, le zampe di leone e la coda di pavone. Io credo che anche il migliore degli artisti avrebbe problemi a rappresentare distintamente una cosa del genere, quindi non mi stupisco se non sono riuscito a trovare immagini relative a questa descrizione.
Tra le rappresentazioni del Makara vi sono anche altre varianti che arrivano dritte dritte dalle decorazioni dei templi. Lo si può trovare con la testa e le zampe da antilope e il corpo e la coda di pesce, come descritto in Hindu Mythology Vedic and Puranic, ma anche come un mostro con la parte anteriore di un’alce e quella posteriore di un pesce, come mostrato in una statuetta di ferro ritrovata.
Una variante rappresentativa arriva poi da John Boardman (Giovanni Uomotavola?) un archeologo e artista storico del 1900, secondo il quale la rappresentazione del Makara e del drago orientale possa essere stata influenzata da miti dell’antica Grecia come Cetus, arrivati tramite il contatto dei popoli sulla via della seta.
Le forme alternative di questa bestia però non sono ancora finite. Nella mitologia tibetana lo si trova con le zampe di leone, la criniera di cavallo, le branchie, il corpo di un pesce e le corna di un cervo (o di un dragone orientale), con una coda di pesce piumata e compresa di particolari motivi a spirale floreali. Ora, io ve l’ho scritta qui, così come l’ho trovata in The Handbook of Tibetan Buddhist symbols, ma seriamente: come si fa a rappresentarla? Cioè sta bestia non ha senso.
Agli hindù piaceva scolpirlo
Agli umani piace decorare gli edifici, specialmente quelli dove vanno a pregare esseri mistici capaci di lanciare onde energetiche dal cielo. Lo facevano i cavernicoli quando imbrattavano i muri delle caverne con i loro scarabocchi rupestri e lo fanno i ragazzi di oggi quando imbrattano i muri della scuola con dichiarazioni d’amore che sono più cringe di quando qualcuno si dichiara su whatsapp. Se poi teniamo conto che per gli edifici religiosi vengono chiamati degli scultori professionisti minacciati di morte in caso di errore, non ci dobbiamo meravigliare se troviamo capolavori che persistono ancora oggi. Nei templi indù, la figura del Makara la possiamo trovare tanto nella funzione di Gargoyle, quanto in quella di protettore delle soglie. In particolare si possono trovare le fauci del Makara alla base degli archi, come a simboleggiare che l’arco stesso nasca dalle fauci di un Makara, raggiunga il suo apice e termini nelle fauci di un altro Makara.
Allo stesso modo le decorazioni dei Makara abbondano sui Torana, degli archi votivi utilizzati all’interno delle cerimonie religiose induiste. Tra i più famosi ci sono quelli dei monumenti buddisti presso Sanchi, ma i Torana appaiono anche molto spesso collegati agli Stupa, una particolare struttura religiosa indù a forma di cupola.
Come struttura, i torana erano utilizzati anche dai cingalesi, che inserivano la figura del Makara in cima all’arco. Anche perché, colpo di scena, per loro il termine “makara” altro non è che il nostro dragone orientale.
C’è poi da dire che la figura del Makara nell’arte dei templi era così forte e presente che appare praticamente ovunque sparsa in Asia. La si trova alla base di gradinate, come decorazione per dei corrimano in pietra, ma anche come statua da guardia per portoni e altre entrate. C’è infine da dire che gli induisti dovevano avere un particolare fetish per la bocca, perché la gran parte delle statue e raffigurazioni del Makara lo vedono a fauci spalancate con figure di varia natura che gli spuntano fuori. Alle volte sono naga, altre volte sono pesci, ma anche altri Makara da cui a loro volta vengono fuori altre cose. Sono tipo una matrioska mitologica induista.
A sto giro, l'etimologia è facile
Makara è la parola che in sanscrito era utilizzata per indicare i coccodrilli o gli animali marini in generale. Deriva dall’originale “Magar” dell’antica lingua hindi, che a sua volta divenne il termine inglese riferito al mugger crocodile, letteralmente il coccodrillo palustre, una delle specie più diffuse in India. Chu-srin è invece il nome con cui viene accreditato tra le fredde vette del Tibet.
Il perché del Makara
Sostanzialmente stiamo parlando di un coccodrillo. Gli indiani dell’epoca non è che avessero una vista proprio eccezionale e il fatto che il coccodrillo nuoti al pelo dell’acqua e sia difficile da vedere, sicuramente ha permesso la nascita del mito. Secondo Josef Friedrich Kohl, uno studioso tedesco dell’università di Wurzburg, concorde con altri studiosi, hanno ipotizzato che le forme del Makara possano derivare in realtà anche dall’avvistamento di dugonghi (che hanno il naso a proboscite che potrebbe aver lasciato immaginare la testa di elefante) e dal delfino di fiume dell’Asia meridionale, una specie che ha un nome più lungo del muso che si ritrova.
Vorrei chiudere dicendo che ci sono serie possibilità che il Makara sia parte delle ispirazioni che hanno portato alla creazione del capricorno. All’interno dello zodiaco induista, il Makara è al decimo posto, lo stesso del capricorno, in più c’è quella sua rappresentazione come mezza-alce e mezzo-pesce che somiglia veramente tanto a quello che è il nostro decimo segno zodiacale. Tuttavia quest’ultimo si può ricondurre a diverse altre creature di mitologie decisamente più vicine all’Europa, come Suhur-Mash-Ha, il pesce capra o Egocero, la capra cornuta.