• Articolo pubblicato:16 Gennaio 2023
  • Categoria dell'articolo:Serraglio
  • Ultima modifica dell'articolo:16 Gennaio 2023

Credevate che il bodyshaming fosse un’invenzione dei nostri tempi? Beh vi sbagliate. C’era un tempo in cui avere la pancetta era sintomo di benessere, quindi era molto più attraente dell’addome palestrato. Si, perché se nell’antichità potevi permetterti di avere la pancetta, allora eri ricco, con della gente che sgobbava al posto tuo. Se invece avevi gli addominali scolpiti significava solo una cosa: o eri un soldato pronto a morire nella prossima guerra, oppure eri uno schiavo che sgobbava tutto il giorno per conto di un padrone con la pancetta. Viva la pancetta. E no, non lo dico perché sono un ciccione… cioé si, sono un ciccione, ma lo dico solo per essere di supporto al protagonista di questo articolo: il Karkadann, l’unicorno ciccione!

Non è che ci sia tanto da dire sul Karkadann. A meno che non vogliamo metterci qui a elencare tutte le varianti del suo nome (e lo faremo), il Karkadann è la versione orientale dell’unicorno. E a dirlo non sono io, ma Claudio Eliano, uno scrittore romano (ma che scriveva in greco antico che faceva più figo), che intorno al terzo secolo (quel magico periodo che va dal 200 al 300 d.c.) decise di prendere un po’ di scritti naturalistici di gente che già all’epoca era antica e di metterli tutti insieme per pubblicare la sua opera in diciassette volumi, Περὶ ζῴων ἰδιότητος (potrebbe sembrare una formula per evocare Satana, ma è solo il titolo originale dell’opera che da noi prende il nome di Sulla Natura degli Animali). Cioè sto tipo era così appassionato di zoologia, che si è messo lì, con penna e calamaio, armato di pergamene e tanta voglia di vivere, per descrivere animali provenienti da ogni parte del mondo. Vorrei avere metà della sua tenacia. Ovviamente il nostro Claudios (che in greco sembra più figaccione) ha fatto un mischione di roba, infilandoci dentro animali realmente esistenti ed altri che sono un po’ un miscuglio di roba tradotta male. Che lui scriveva in greco, mica in arabo. O persiano. O indiano… o in una qualsiasi altra lingua dove gli scarabocchi fanno parte dell’alfabeto.

Avete presente quando, parlando dell’unicorno, ho detto che le sue tracce risalgono all’antica Grecia? Ecco, il nostro Claudios sapeva già cos’era un unicorno e sapeva che ne esisteva una versione anche nel magico mondo orientale. Per questo motivo quando dovette descrivere il Kartazon (il nome con cui lo conosceva lui), paragonò il Karkadann a un unicorno, ma più ciccione: era un cavallo con il corpo di elefante, la coda caprina e un lungo corno nero ritorto al centro della fronte. Era descritto come veloce e bellicoso, abitante delle regioni montuose dell’India. Che poi, India… diciamo che per gli antichi greci un po’ tutto ciò che stava dalla Persia in poi era India.

A darci contezza di equini con un solo corno è in primo luogo Ctesia di Cnido, uno storico greco risalente a qualche secolo prima dell’anno 0, il cui nome si pronuncia rigorosamente sputando in faccia al proprio interlocutore. Dalla sua opera, Indika, scopriamo dell’esistenza, in Asia (che Ctesia era fissato con l’oriente), dell’Asino Selvatico, una creatura simile al cavallo, con un cor… cioè si, poi basta, andatevi a leggere l’articolo sull’unicorno, che tanto parlava di lui. Purtroppo all’epoca non esistevano le fotocopiatrici e non si poteva salvare tutto su drive, quindi già Claudio Eliano trovò solo qualche frammento degli scritti di Ctesia, quindi si rifece a quelli per le fonti della sua opera.

Karkadann Final Fantasy XI
Sgranato e in bassa qualità, come questo sito. Purtroppo non si può fare di meglio, Final Fantasy XI non è più online

Fuuuuu-sio-neee

Verso il nono secolo a dare qualche delucidazione sul Karkadann arriva Al-Biruni, uno studioso islamico che sicuramente era più sul posto del nostro Claudione, ma che comunque combinò un casino con la descrizione di questa povera bestia. La descrive come una creatura dal corpo di bufalo, con la pelle nera a scaglie, gli occhi piccoli sotto le guance e tre sporgenze gialle simili a zoccoli su ogni zampa. Ha una coda corta e un corno ricurvo sul muso, con due piccole orecchie che fuoriescono dai lati della testa. Se non siete nati ieri e se avete visto almeno una volta un documentario sugli animali, avrete già capito di che bestia stiamo realmente parlando. Ma facciamo finta di niente e andiamo avanti, così posso fare il maxi reveal come se fossi Poirot alla risoluzione di un omicidio.

Il caso vuole che gli studiosi e illustratori persiani che si susseguirono dopo Al-Biruni, fossero più comodi a disegnare il corno un po’ più dritto e più spostato, posizionandolo quindi verso la fronte della bestia.

Ad associare poi le proprietà del corno alla guarigione è stato invece Al-Qazwini che, intorno al 1200, ne descrive le proprietà taumaturgiche. Possedere un corno di Karkadann permette di guarire dalla stitichezza e dall’epilessia, nonché permette ai zoppi di tornare a camminare come persone normali. A questo punto sembra di essere nello spot di un farmaco qualsiasi e mi aspettavo di leggere che dà sollievo anche dai fastidiosi pruriti intimi, ma così non è. Se hai le piattole, te le tieni.

Autori successivi lasciano intendere che il corno di Karkadann inizi a sudare in presenza di veleno, considerandolo quindi un antidoto allo stesso e favorendo l’associazione con l’alicorno dell’unicorno, sebbene suddetti autori non facciano alcun esplicito riferimento alla cosa.

A creare ancora più confusione su questa povera creatura arrivarono anche i bestiari medievali europei, che lo descrivono ufficialmente come l’unicorno persiano (a dirlo esplicitamente fu Elmer G. Suhr nell’opera “An Interpretation of Medusa”… cazzo c’entra Medusa col Karkadann… boh) visto che la somiglianza tra le descrizione era elevata e che le proprietà del corno e dell’alicorno erano molto simili. Come l’unicorno, anche il Karkadann si sarebbe fatto ammansire solo da una vergine, anche perché non era un animale sfuggente ma, al contrario, molto aggressivo. Lui più che scappare vi corre incontro… con il solo scopo di farvi fare una decina di metri in volo. I Belive I Can Fly, ma real.

Come dicevo, il primo a parlare delle proprietà del corno di Karkadann fu Al-Qazwini, che proprio nel citare questa strana sudorazione in presenza di veleno, ci dice anche che ci facevano degli splendidi coltelli. Forse addirittura meglio dei Miracle Blade. Inizialmente si diceva che questi coltelli fossero fatti di Khutu (ossa di animali mitologici), come specifica Chris Lavers in The Natural History of the Unicorn. Curioso che io trovi un’opera con un titolo così palese, non mentre cerco fonti sull’unicorno, ma sul Karkadann. Google mi stai diludendo.

Viste tutte queste associazioni, dal corno alla postura, alle rappresentazioni e poi alle credenze, tenendo conto anche del fatto che il nostro cervello è pigro e tende a ricondurre ciò che non conosce a qualcosa che invece conosce, ecco che il Karkadann diventa la versione orientale dell’unicorno.

Questione di doppie

Ok ok, pronti al mega super reveal che vi avevo annunciato prima e che sicuramente non avrete intuito nonostante fosse ovvio? Si, lo faccio in questo paragrafo perché mi serve per cercare di capire le origini tutti i maledetti nomi che riguardano sto accrocchio monocornuto.

La bestia che ha ispirato il Karkadann, altro non è che… … (suspance)… … … (rullo di tamburi)… il rinoceronte indiano! Non ce lo saremmo mai aspettato. Ok ora cerchiamo di capire come mai si è arrivati a chiamarlo Karkadann. Partiamo dal fatto che in persiano esiste una parola, kargadan (Kharga in questa lingua significa rinoceronte), che significa “signore del deserto”. Un’altra parola molto simile, kartajan, ha lo stesso significato, ma arriva dal sanscrito. Pare quindi chiaro e semplice comprendere come “signore del deserto” si sia trasformato in Karkadann molto velocemente. Altre varianti, pronunciate male e scritte peggio, di altri popoli, vedono la bestia chiamarsi Karkaddan, Karkadan, Karkend e Kardunn.

Avete poi presente di quando vi parlavo dell’asino selvatico con un solo corno? Ecco, per i curdi quella bestiola prende il nome di Kar Kit Dan… ma Kit non era la macchina di Supercar? Is this a crossover? No. Quella si chiamava KITT.

Ai greci il termine arrivò come Kartazon, anzi Kartazonos (che a loro piaceva un sacco mettere delle S alla fine dei nomi. Come gli spagnoli, ma senza le maracas). Questo termine sarebbe arrivato poi a noi italiani come Cartazono. No, non me lo sto inventando, sta cosa pare sia stata scritta nel Vocabolario della Lingua Greca, un’opera stampata a Torino nel lontano 1995. Non so se è vero, ma potete chiederlo a Francesco Montanari, il suo autore.

A dare ufficialmente vita al termine Karkadann però sembra essere stata un’opera all’interno del Mahabharata, una raccolta sanscrita di poemi epici. Questa tuttavia è più che altro un’ipotesi che è venuta in mente a Richard Ettinghausen, nell’opera inglese Late Classical and Medieval Studies in Honor of Albert Mathias Friend Jr. Si, è tutto un titolo. Come so questa cosa? Ho fatto delle ricerche. Le fonti sono attendibili? Lo spero, ma non posso esserne sicuro, visto che anche Riccardone qui, non lo era. Tenete presente che il Mahabharata è andato in larga parte perduto. La carta si decompone velocemente, mica come la plastica. Se gli antichi lo avessero saputo, sono sicuro che avrebbero scritto tutte le loro opere su plastica.

Elasmoterio Karkadann
Questo era un elasmoterio, probabile ispirazione del Karkadann. Ovviamente non era così magro. Diciamo che c'è da immaginarsi un po' di ciccia tutta intorno a quelle ossa

Ogni tanto qualcuno parlava del Karkadann

A raccontare la leggenda del Karkadann fu anche la celeberrima opera Le Mille e una Notte, in cui, alla cinquecentoquarantanovesima notte, la povera Sherazad si dovette inventare l’ennesima storia per accontentare quel re pedante che voleva farla ammazzare male. Così nasce il Secondo Viaggio di Sindbad il Marinaio, che è anche la stessa storia di cui ho parlato nell’articolo del Roc. Per come viene narrata nell’opera, la leggenda del Karkadann venne poi ripresa pari pari da Ibn Battuta, un uomo sul cui nome ho già fatto una… battuta (ridete, cazzo!). Dalle parole di Ibn scopriamo che proprio come il rinoceronte indiano, il Karkadann è territoriale, feroce ed ha un certo odio per gli elefanti, suoi acerrimi nemici. Più o meno come il papà di Timmy e Dinckleberg.

A studiare il Karkadann come figura mitologica ci pensò sempre il buon vecchio Richard Ettinghausen, l’uomo il cui cognome si trascrive solo tramite copia-incolla (secondo me pure lui si firmava facendo copia-incolla da una sua vecchia firma… cioè ma come fai a ricordarti come si scrive? Boh), che ne parlò approfonditamente nella sua opera “The Unicorn”, pubblicata nel 1950 (così, giusto per dire che non sono l’unico sfigato che recentemente si è messo a fare ricerche sui mostri mitologici). E ancora una volta mi trovo a dover dire: Google, dov’erano queste informazioni quando cercavo materiale sull’unicorno? C’hai forse l’algoritmo che va in ferie? Se cerco informazioni sull’unicorno, dammi informazioni sull’unicorno, non video di fottuti gattini. Comunque belli i video di gattini, guardateli.

Nel 1971, Tawfiq Sayigh, scrisse, in arabo, “A Few Questions I Pose to the Unicorn”, un lungo poema che parla proprio del Karkadann. E niente… sono solo felice di vedere che c’è gente come me. I feel you, bro.

Non sapevo in che paragrafo mettere questa leggenda che ho trovato, quindi la metto qui: pare che secondo i musulmani, il rinoceronte passi le giornate nel deserto alla ricerca dell’acqua. Quando la trova piange per la fatica fatta e per il dolore sofferto per colpa della sete. Queste particolari lacrime, toccando l’acqua, diventano perline. Suddette perline sono poi utilizzate dai musulmani durante le loro preghiere. Loro le chiamano “lacrime di Karkadann”. Più che altro, visto che sono rossastre, mi chiedo… il rinoceronte piangerebbe sangue? Non lo sapremo mai. Diciamo che se siete abbastanza vicini a un rinoceronte da vederlo piangere, può essere che il sangue sia il vostro. Controllate per sicurezza.

Il perché del Karkadann

Il Karkadann esiste perché la gente c’ha i problemi. Come la chiamiamo quella creatura che sembra un rinoceronte, è incazzata come un rinoceronte, vive come un rinoceronte e fa a pugni con gli elefanti come un rinoceronte? Karkadann! E tutti a urlare “genio!”. Questi avevano solo seri problemi di pronuncia… nonché di vista. Anche perché è facile osservare un rinoceronte, ma se anche lui vi sta osservando, allora conviene che girate lo sguardo e iniziate a correre, perché tendenzialmente quello è già partito verso di voi con l’idea di darvi una tenera spintarella. E tendenzialmente se una bestia armata, simile a un carro armato, vi sta venendo incontro in velocità e voi siete impegnati a scappare, non credo che abbiate tutta questa possibilità di girarvi a guardarlo bene.

Secondo Chris Lavers (lo stesso di prima), comunque, il Karkadann sarebbe un antico parente del rinoceronte indiano, con un corno dotato di capacità guaritive. Questa ipotesi potrebbe essere giustificata dal ritrovamento, in epoca antica, dei resti di Elasmoterium, una specie di rinoceronti estinti, con un solo corno al centro della fronte (pure bello grosso e dritto), che abitava l’Eurasia. Insomma, l’immaginazione mista all’archeologia inconsapevole, ha sempre generato miti e il Karkadann non fa differenza.